Omosessualità nell'antico mondo greco, un mito da sfatare!



di Athanasios Lykotrafitis 
In tutti i tempi e in tutte le società sono esistite, esistono ed esisteranno persone con orientamenti sessuali differenti, ma anche innaturali. Tuttavia, nella Grecia antica (E in Magna Grecia N.d.R.) l’omosessualità non era la norma, come alcuni vogliono farci credere, anzi era l’eccezione. La tesi che sostiene il contrario, infatti, è del tutto infondata.
Tra gli assertori della normalità della pratica omosessuale nella Grecia antica, vi è K.J. Dover il quale, nel suo libro “Greek Homosexuality (1978) [trad. it. "L'omosessualità nella Grecia antica", Torino, Einaudi, 1985] cerca di convincerci che nella Grecia antica l’omosessualità non veniva vista come la vediamo oggi.
Egli, infatti, scrive che i greci sapevano che le preferenze sessuali delle persone sono diverse, ma la loro lingua non ha sostantivi corrispettivi per i termini “omosessuale” ed “eterosessuale” poiché essi credevano che:
a) in realtà tutti reagiscono in diversi momenti a stimoli omosessuali e eterosessuali;
b) infatti, nessun uomo arriva ad avere rapporti sessuali sia attivi che passivi nella stessa fase della sua vita.
La cosa davvero strana è che un professore come Dover non abbia avuto a disposizione un vocabolario visto che ormai anche il famosissimo Liddell & Scott è a disposizione di tutti, anche gratis su internet.
I greci, lo riconoscono tutti, hanno creato uno strumento di precisione incredibile: la loro lingua.
Per noi, oggi, i termini “omosessuale” ed “eterosessuale” descrivono una condizione senza esprimere un parere positivo oppure negativo. Per i greci non era così. Esisteva, infatti, un termine molto duro che descriveva gli omosessuali, era la parola ΚΙΝΑΙΔΩΣ [formata da ΚΙΝ (muovo) + ΑΙΔΩΣ (dea della vergogna) "colui che smuove la vergogna"].
Quindi, gli omosessuali venivano apostrofati con questo termine terribile e dispregiativo. Esistevano anche altri termini molto dispregiativi per descrivere gli omosessuali, sia attivi che passivi. I greci conoscevano molto bene il fenomeno.
Esiste anche il mito di Esopo che ci fa capire bene come la pensassero i greci a proposito.
Si racconta che Zeus quando plasmava gli uomini posizionava su ogni parte del corpo una virtù. Impegnato nel suo lavoro lasciò per ultima la virtù più importante, la vergogna.
Non sapeva come rimediare. Unico posto senza virtù era rimasto l’ano, allora cercò di mettere la vergogna là. Però la vergogna, considerando il posto non alla sua altezza, non voleva saperne di entrare. Alla fine acconsentì, a patto che nient’altro entrasse dopo di lei. Disse a Zeus che se qualcosa fosse entrato da quella via, lei sarebbe volata via.
Ecco perché venivano apostrofati in quella maniera gli omosessuali: persone senza vergogna.
Una delle fonti più antiche che si possiede riguardo al tema dell’omosessualità è il racconto di Demostene relativo ad un episodio avvenuto nel 346 a.C. In quell’anno, infatti, la città di Atene mandò degli ambasciatori presso il re Filippo II per stipulare un trattato di pace.
Gli ambasciatori furono minacciati e scacciati, dal momento che le proposte del trattato erano irrisorie per il re. La popolazione ateniese giudicò colpevoli del fallimento della missione di pace anche gli stessi ambasciatori e, tra tutti, un tale Timarco.
Questi fu accusato da un altro degli ambasciatori, Eschine, di aver prostituito il proprio corpo in gioventù e per questo di dover essere considerato indegno di tenere il ruolo politico di ambasciatore per la città di Atene. Timarco fu per questo motivo condannato, in base ad una legge che prevedeva la privazione di tutti i diritti civili e politici a chiunque avesse prostituito il proprio corpo ad un altro uomo per denaro.
La pena, cioè la perdita dei diritti, secondo questa legge era la stessa per altri tipi di reati: maltrattamento dei propri genitori, dilapidazione del patrimonio, diserzione degli obblighi militari, fuga durante la battaglia.
Eschine fornisce una sua giustificazione a questa legge. Egli scrive, infatti, che “chi ha venduto il proprio corpo non esiterà a vendere anche gli interessi dello Stato”. Per questo chi commette il reato di prostituirsi per denaro non può più godere dei diritti civili e politici.
A nulla valse al povero Timarco il fatto che dopo pochi anni Eschine venisse a sua volta perseguito, per cattiva condotta nell’ambasceria presso Filippo II. Eschine fu prosciolto e Timarco fu letteralmente declassato dallo status di cittadino e dopo il processo si suicidò.
Ma il problema non era solo il mercimonio del proprio corpo, come sostiene qualcuno, perché conosciamo bene le leggi di Solone per quanto riguarda la questione.
Solone aveva così legiferato: Αν τις Αθηναίος εταιρήση, με έξεστω αυτω των εννέα αρχόντων γενέσθαι, μηδέ ιερωσύνην ιερώσασθαι, μηδέ συνδικήσαι τω δήμω, μηδέ αρχήν αρχέτω μηδεμιάν, μήτε ενδημον, μήτε υπερόριον, μήτε κληρωτήν, μήτε χειροτονητήν, μηδέ επικυρήκειαν αποστελλέσθω, μηδέ γνώμην λεγέτω, μηδέ εις τα δημοτελή ιερά εισίτω, μηδέ εν ταις κοιναίς σταφονοφορίες σταφανούσθω, μηδέ εντός των της αγοράς περιρραντηριων πορευέσθω.
Εάν δε ταύτα τις ποιή,καταγνωσθέντως αυτού εταιρείν, θανάτω ζημιούσθω.
Tradotto: se un cittadino ateniese avrà rapporti omosessuali
NON POTRA’ ESSERE UNO DEI NOVE ARCONTI (esecutivo)
NON POTRA’ FARE IL SACERDOTE
NON POTRA’ FARE L’AVVOCATO
NON POTRA’ AVERE NESSUNA CARICA PUBBLICA ALL’INTERNO O ALL’ESTERNO DELLA CITTA’ ….
NON POTRA’ ESSERE MANDATO COME AMBASCIATORE
NON POTRA’ ESPRIMERE LA SUA OPINIONE NE POTRA’ ENTRARE NEGLI EDIFICI PUBBLICI E NEI TEMPLI
NON POTRA’ ESSERE PREMIATO CON NESSUN PREMIO PUBBLICO
NON POTRA’ PASSEGGIARE NELL’AGORA’.
SE QUALCUNO FARA’ UNA COSA DEL GENERE, MENTRE E’ NOTO CHE E’ OMOSESSUALE, VERRA’ CONDANATO A MORTE.
Queste leggi, credo siano indicative, affinché ci si possa rendere conto di come venissero considerati in realtà gli omosessuali nell’antica Grecia. Quando chiesero a Solone il motivo di tutta questa severità, egli rispose che i kinedi, cioè quelli senza vergogna, sono viscidi e traditori.
Inoltre, abbiamo ancora oggi un gesto ingiurioso che è sopravissuto fino ai nostri giorni: si tratta del dito medio alzato. I greci lo chiamavano ΣΚΥΜΑΛΙΖΩ=SKIMALISO, ed era il massimo insulto perché il significato era chiaro a tutti.

ADERISCI!


ONORE
TRADIZIONE
IDENTITA'

L’AZIONE METASTORICA DELLA CIVILTA’ E IL MITO (MAGNA GRAECIA)


Articolo scritto per il giornale di Cipro: "Ellade del Sud" e ripreso dal BLOG (http://nationalpeoplesfront.blogspot.com/) dei nazionalisti ellenici ciprioti di E.LA.M

Ellade del Sud, ed. Marzo 2015


 Di Davide Pirillo*


Questo articolo, più che indagare il lato storico degli elementi che sottoporremo, vuole proporre alcuni elementi mitici e metastorici dell’epopea Magno Greca, che a nostro avviso possono divenire punti di riferimento per tutto il nazionalismo italiano e forse in parte anche dell’idealismo nazionalista greco, già affollato di miti ellenistici.

La storia ci insegna che dopo la colonizzazione del Mar Egeo avvenuta tra l'VIII ed il VII secolo a.C., comparvero coloni greci nell’Italia del Sud. Nacquero allora due civiltà, la Magna Grecia e la Sicilia Greca, distinte, ma profondamente legate tra loro, la prima occupava il territorio dell’odierna Italia meridionale fino a Messina, la seconda si estendeva nel grosso dell’odierna Sicilia, detto questo le chiameremo entrambi Magna Grecia.

Questa Ellade occidentale partecipò a pieno insieme alla Grecia madre a quella straordinaria missione civilizzatrice la quale pose le basi e le radici dell’Europa stessa, che ha attinto dal mondo classico. Il mondo greco era unito da un “panellenismo culturale” e paradossalmente diviso da guerre e campanilismi tra le varie Città stato, impegnati in una eterna guerra muscolare, che molte volte riproduceva la divisione tra Sparta ed Atene.  

Le Polis magno greche si fregiavano di molti primati, come l’opera di Zaleuco di Locri Epizefiri che donò alla sua Città il primo codice di leggi scritte d'occidente, ponendo così le basi del diritto moderno. La cultura era così avanzata che oltre alle grandi tematiche filosofiche dei pitagorici, si sentiva l’esigenza di tramandare anche gli aspetti più comuni della vita, pensiamo allora al primo libro di gastronomia ad opera di Archestrato di Gela.  Gli esempi potrebbero andare avanti all’infinito, dalla spartana Taranto, all’opulenta Sibari ed altro, ma per evitare di divagare esamineremo la questione percorrendo le vicende di Crotone e Siracusa, due potenti Polis, che forse più delle altre hanno segnato il tempo della Magna Grecia, partecipando a pieno a quella missione civilizzatrice di cui il mondo greco (d’Oriente e d’Occidente) ne è stato artefice, inoltre intendiamo  esaminare il tutto da un punto di vista mitologico e metastorico.

Bene, Crotone e Siracusa: potenti, spavalde, guerriere, colte e da sempre divise e rivali politicamente, ma unite dalla missione metastorica di grandezza e di lascito, così divise ed allo stesso tempo unite da essere citate insieme nel mito fondante di Siracusa. Lo storico greco Strabone nel trattato di geografia italica, narra una leggenda secondo la quale i due ecisti si recarono insieme a Delfi presso l’oracolo di Apollo, chiedendo profezia al dio del sole, l’oracolo gli rispose domandando se volessero fondare una Città ricca o salubre, Miscello di Ripe scelse la salute e gli venne ordinato di fondare Kroton, mentre Archia scelse la ricchezza e gli venne ordinato di fondare Siracusa. Vediamo allora come il famosissimo e antico oracolo che era definito “l’ombelico del mondo”, lega strettamente (tramite il mito) la Grecia madre alle due Città magno greche, creando una indissolubile unione tra i due mondi; vedremo ora, anche come il mito si è strasformato in storia, donando rispettivamente salute e ricchezza alle due Polis.

Esaminando le vicende della antica Crotone possiamo scrivere molto, iniziamo per grado, proprio sulla speranza di Miscello di vedere nascere una Città salutare. Il territorio dove sorse Crotone era conosciuto per il suo clima mite e per l’ambiente salubre, ma questo è poco per rendere la questione degna di nota, allora la storia volle che proprio a Crotone nascesse la scuola medica che elevò per sempre la medicina da stregoneria a scienza empirica, con medici del calibro di Alcmeone, sulla scuola medica crotoniate Erodoto scriveva: «I medici di Crotone sono i primi nel mondo, secondi sono quelli di Cirene». E se il dono del bastone di Asclepio non bastasse, Crotone ebbe anche una scuola atletica tra le più forti dell’antichità da cui uscirono atleti del calibro di Milone (l’uomo più forte dell’antichità), rendendo la Città la prima della Magna Grecia in fatto di vittorie olimpiche ed atletiche, Strabone ricorda: «l'ultimo dei crotoniati era il primo degli altri greci». La scuola atletica adottò i dettami della scuola medica locale, secondo cui la salute del corpo, scaturiva in associazione ad una specifica dieta, vediamo come era avanzata quindi la cura del corpo. Inoltre la fama della bellezza delle donne era così mitica che il pittore greco Zeusi volle usare modelle crotoniati per raffigurare Elena.  Sembra che la locuzione di Decimo Giunio Giovenale: «Mens sana in corpore sano» o almeno le sue basi aristoteliche (visto che venne coniata in epoca successiva) s’incarnassero pienamente in Crotone dove medicina, ambiente, atletica, prestanza fisica, bellezza, uniti alla scuola pitagorica ed alla sua visione di società aristocratica, ascetica e marziale fecero della Città pitagorica un mito eterno, che si fonde perfettamente con il resto dell’immaginario leggendario greco.

Ancora più a Sud vibrava potente Siracusa, il suo mito fondante volle che: «I crotoniati abitarono dunque una città assai salubre, mentre Siracusa si trovò in uno stato di ricchezza così eccezionale che il nome dei suoi abitanti passò in proverbio, dicendosi, di quelli troppo ricchi che ad essi non basterebbe nemmeno la decima dei Siracusani. La città poi, come la storia racconta, prosperò per la fertilità della sua posizione geografica”. Siracusa era un colosso con una tenacia guerriera invidiabile; Marco Tullio Cicerone la descrive così: «Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte. Signori giudici, è proprio come dicono». In fatto di cultura, se a Crotone operava Pitagora a Siracusa operava un altro genio, Archimede, che ha lasciato all’umanità molte invenzioni.  Tra gli onori militari siracusani oltre alla vittoria contro l’assedio da parte di Atene,  va menzionata una vittoria contro Cartagine nella Battaglia di Himera del 480 a.C. per molte fonti storiche combattuta nello stesso giorno della mitica Battaglia di Salamina, dove la flotta delle città stato della Grecia d’Oriente con l’aiuto seppur minimo dei crotoniati al comando dell’eroe Phayllos vinsero su un altro nemico del mondo greco, l’impero persiano. Vediamo anche qui questo parallelismo simbolico tra Siracusa e Crotone, nello stesso giorno impegnati in una guerra contro due nemici della nostra civiltà, persiani e cartaginesi, unione solo simbolica e del tutto involontaria e non auspicata da Siracusa, che mise il veto alle flotte navali magno greche ad accorrere in aiuto di Temistocle a Salamina.

In questo excursus storico di Siracusa e Crotone, elementare ed affrontato in maniera molto limitata per il vero (ci vorrebbe un’enciclopedia perché sia esauriente), abbiamo voluto rappresentare le vicende della Magna Grecia ed il suo contributo materiale di civiltà, speriamo che tra le righe possiate intravedere un discorso che non è semplicemente storico, la speranza di chi scrive è di partecipare umilmente al risveglio delle intorpidite coscienze italiane, che non conoscono o affrontano la questione Magna Grecia con sterile distacco. Il mito s’incarna sempre in una identità forte e l’identità nostra è retaggio della cultura greca, quando si lascia spegnere la fiaccola del mito, allora si scivola nella decadenza e quella auspicata continuità metastorica ed eterna si storicizza e diviene mortalmente ricordo nostalgico. Per questo motivo, bisogna ora ricomporre le energie migliori del popolo, incarnandole in un nazionalismo cosciente, il primo passo da fare è ricucire lo strappo col passato e con le tradizioni e in secondo luogo riscoprire il patrimonio greco come arricchimento della base culturale del nazionalismo italiano.

Detto ciò si vuole sottolineare che: pensare che ci sia una divisione tra mondo greco e romano è sbagliato, Roma non sarebbe stata la stessa senza il contributo culturale greco, come scrisse Orazio: «Graecia capta ferum victorem cepit», tradotto: “La Grecia conquistata conquistò il rude vincitore”, ovvero da vinti, dopo Pirro, la sapienza e la cultura ellenica conquistò Roma e la civiltà greco-romana fusa insieme conquistò il mondo.

Quindi concludiamo affermando che per il risveglio della società moderna oggi in decadenza, bisogna metabolizzare tre elementi di prim’ordine: mito, identità e tradizione; tutti e tre da rintracciare nel nostro glorioso passato, la civiltà è greco-romana e questo è un fattore eterno che deve trovare continuità in un nazionalismo continuatore ed erede.

*Presidente associazione 
 Magna  Graecia  Front





Alexey KOMOV (Ambasciatore all'ONU) in Calabria per convegno pro famiglia tradizionale.

Siamo felici di presentarvi il convegno contro l'ideologia gender  e a favore della famiglia tradizionale, organizzato da Magna Graecia Front in co-partecipazione con Alpocat Catanzaro, Provita Onlus e Ordine Futuro - Calabria. Siete tutti invitati.





IL TOUR IN MAGNA GRECIA:


PAUSANIA, LA FONTE CHE VUOLE CROTONE SPARTANA



Esiste una fonte che vuole Crotone di fondazione Spartana, errata, secondo la storiografia ufficiale, ma nel Libro III, capitolo 3.1, lo storico greco Pausania nella sua monumentale opera Periegesi della Grecia, sostiene che l'antica colonia di Kroton fu fondata dagli spartani sotto il Re Polidoro, che ha governato dal 700 al 665 a.C., in netta contrapposizione con le altri fonti che vogliono la polis fondata nel 710 a.C. dagli Achei. Non essendo uno storico e non avendo gli strumenti per farlo, non prendo posizioni e lascio alla storiografia ufficiale le proprie ragioni, ma incuriosito, cerco di esaminare gli elementi straordinariamente laconici che associano l'antica Kroton a Sparta, solo suggestioni, forse, ma comunque senza pretese di cambiare alcunché nella storia ufficiale della città. Come gli spartiati di Leonida, Kroton, nel periodo pitagorico era una società fortemente moralizzata e guerriera e guidata da una casta aristocratica, capace di scrollarsi in un batter d'occhio l'edonismo e la corruzione in cui la città era crollata; come può ritornare all'antico splendore morale, un centro di potere avanzato, se non per caratteri naturali di stirpe? Giustino, riporta, infatti: «Pitagora... si era diretto a Creta e Sparta, per conoscere le famose leggi di Minosse e Licurgo. In seguito giunse a Crotone e riportò col suo prestigio, alla consuetudine della temperanza il popolo che ormai era scivolato nella lussuria...», ed ancora Giustino, ci racconta della guerra agli ornamenti, costante molto spartana, di cui Pitagora si fece promotore, a cui i krotoniati si resero subito disponibili: «Ogni giorno lodava la virtù, enumerava i difetti della lussuria e le sciagure delle popolazioni mandate in rovina da quel flagello, richiamava le spose al pudore e i mariti alla modestia. Ottenne d'altra parte che le madri di famiglia smettessero, come strumenti della lussuria, le vesti d'oro e gli altri ornamenti del loro prestigio e li portassero tutti nel tempio di Giunone e li consacrassero alla dea...». Inoltre, se pensiamo la casta guerriera degli spartiati è facilmente paragonabile sotto alcuni aspetti alla casta pitagorica della Scuola Italica, basta pensare alla potenza militare della Kroton che portò a spazzare via la potente Sibari, una megalopoli per il tempo con un esercito numericamente superiore; oppure alla ricerca della sobrietà ed il silenzio imposto ai pitagorici, ricorda l'essenza stessa laconica del parlare poco. Appunto, una società sobria, guerriera che curava la fisicità dei suoi giovani, donne stupende (come ci ricorda Cicerone), degne di rappresentare Elena (di Sparta) nei dipinti di Zeusi e giovani atleti che stravincevano le olimpiadi antiche, un quadro che ricorda molto la ricostruzione cinematografica di 300. E se è vero che le polis greche anche quelle coloniche seguivano il modello di Sparta o di Atene e ne riproducevano a distanza le rivalità, allora Strabone ci aiuta a capire il modello affine: «Sembra che la città coltivasse soprattutto l'arte militare e le gare di atletica...» (VI.1.12) e dopo il famoso detto popolare riportato, quello secondo cui “l'ultimo dei krotoniati è il primo degli altri greci”, Strabone chiarisce però che i krotoniati sono di stirpe achea, in contrapposizione a Pausania. A favore di Pausania giocano però alcune vicende, alcune forse anche mitologiche che riguardano i rapporti tra Kroton e Sparta, tra i più significativi, vi è la vicenda del principe Dorieo, fratello del mitico re Leonida, che trovandosi in Magna Grecia, in qualità di Ecista e salito in Calabria dopo che Cartagine aveva distrutto una sua colonia sulle coste libiche, in attesa di riprendere la sua campagna militare in Sicilia, avrebbe combattuto al fianco di Kroton, con la sua colonna di opliti, nella guerra contro Sibari, perché intromettersi in una guerra esterna ai propri interessi se non per amor di Patria? Inoltre, un krotoniate famoso morì al fianco del principe di Sparta ad Eraclea Minoa nel 510 a.C., si tratta del campione olimpico in esilio, Philippos di Kroton, uomo di straordinaria bellezza, venerato, dopo la morte, come eroe a Segesta. Di sicuro, Sparta esercitava influenza culturale su Crotone, sono riportate infatti le vicende del culto di Menelao e Elena e i culti eroici ad Achille nell'odierna Capo Colonna, dove donne vestite di nero piangevano l'eroe omerico, i culti eroici ad Achille erano diffusi nella Laconia; tornando al pittore Zeusi ed al ritratto di Elena, la domanda è perché nel tempio di Giunone doveva esserci un quadro rappresentante vicende, seppur eroiche, ma sempre spartane?

dokanaInfine voglio far notare una similitudine estetica, tra un famoso simbolo spartano e il tripode delfico simbolo di Crotone, molti non sono a conoscenza che sugli scudi dei famigerati opliti spartani, non era rappresentata la lettera lambda dell'alfabeto greco, che seppur è la “L” di Lacedemone, trova pochissimi riscontri storici, sullo scudo degli Spartiati in marcia campeggiavano molte rappresentazioni, tra cui il simbolo dei Dioscuri: il Dokana, un “π”, rappresentato a modo di tripode stilizzato, con due serpenti laterali, simile al tripode krotoniate, quest'ultimo in alcune rappresentazioni al posto degli anelli ha due teste di serpenti, chissà che in realtà fosse un Dokana? Oppure semplicemente le due origini si fondessero culturalmente. A proposito dei Dioscuri, cui culto era praticato largamente nella Laconia, per alcuni non erano i figli di Zeus, ma, di Tindaro re di Sparta, da annotare che rappresentazioni dei Dioscuri li troviamo a Locri Epizefiri, che sempre secondo Pausania fu fondata dagli spartani insieme a Crotone. Comunque Achea o Spartana, poco importa, di fatto Crotone ebbe una storia così grande da non aver bisogno di cullarsi nel prestigio dei fondatori, oltre i primati in molti campi, basta ricordare i cento anni in cui gli atleti krotoniati accumularono 19 vittorie olimpiche mentre Sparta ed Atene insieme “appena” 16. Come diceva il popolo in tempi meno antichi, “Franza o Spagna l'importante è che si magna”.


Davide Pirillo




TRA LE FONTI: 

CAPO COLONNA ED I CULTI EROICI AD ACHILLE




Il Capo era noto nell'antichità come Capo Lacinio (si trova nell'odierna Crotone) la stessa dea ne prese l'appellativo di Lacinia. In età moderna veniva chiamato Capo Nao, da naòs = tempio. Oggi è detto Capo Colonna, da ciò che rimane dell'antico edificio sacro. L'immagine della colonna isolata, che si staglia sull'azzurro del mare che si confonde col cielo, unica supertiste di una costruzione possente, evocatrice di un passato glorioso, suscitava, e suscita, nel visitatore emozioni irripetibili Questo territorio era stato donato ad Hera da Teti, madre di Achille. In esso tutto cresceva rigoglioso e spontaneo come una sorta di giardino delle delizie. Chi scriveva con un ferro il suo nome su una tegola del tempio, questo scompariva nel momento della sua morte. La tradizione racconta che Menelao, costeggiando questi luoghi, aveva assistito alla celebrazione di un culto eroico con riti che ricordavano la morte di Achille, proprio sul promontorio del Lacinio, dove donne abbigliate a lutto piangevano il celebre eroe. Il promontorio è stato teatro di altri numerosi avvenimenti mitici. Qui si era fermato Eracle di ritorno dalla Spagna con i buoi sottratti a Gerione che, nel subire un tentativo di furto delle mandrie da parte di Lakinios, lo uccise, ed assieme a questi, per errore, ferì a morte anche il figlio Kroton, eponimo della città che lì sarebbe stata fondata. Secondo un altro mito, questo territorio era stato donato ad Hera da Teti, madre di Achille. Era un sito particolare, dove tutto cresceva rigoglioso e spontaneo come una sorta di giardino delle delizie.

E' TARANTINA LA RAPPRESENTAZIONE DI EUROPA SUGLI EURO!

E' già da più di un anno in circolazione la moneta da 10 euro appartenente alla serie ‘Europa’, caratterizzata dalla presenza del volto del personaggio femminile mitologico che ha dato il nome al nostro continente. La banconota da 5 euro è già entrata in circolazione da maggio 2013. I vari tagli, da €20, €50, €100, €200 e €500, saranno immessi in circolazione in momenti differenti e quindi l’introduzione dell’intera serie si svolgerà nell’arco di più anni. La particolarità di questa serie di banconote è che in alcuni elementi di sicurezza è stato integrato il ritratto di Europa – celebre figura della mitologia greca - ripreso da un cratere a campana a figure rosse del 360 a.C. proveniente da Taranto, custodito a Parigi, al Museo del Louvre.



PS: Rimane comunque il fatto che l'Euro è una moneta che non ci piace per nulla e noi di MGF rimaniamo euroscettici e per il ritorno alle monete nazionali ed il ritorno alla piena sovranità: monetaria, politica e militare.