LA COPPA DI NESTORE
La coppa di Nestore è un reperto archeologico rinvenuto nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno, sull'isola d'Ischia, dall'archeologotedesco Giorgio Buchner. L'iscrizione che si trova sul vaso, databile intorno all'ultimo venticinquennio dell'VIII secolo a.C. costituisce uno dei più antichi esempi di scrittura alfabetica.
Questa iscrizione, oltre a testimoniare la fitta rete di relazioni commerciali che i coloni di Pithekoussai svilupparono con il Vicino Oriente e Cartagine, la Grecia e la Spagna, l'Etruria meridionale, sino alla Puglia, la Calabria ionica e la Sardegna (tanto che Buchner, contrariamente a quanto si era fino a quel momento ritenuto, poté identificare Ischia come la prima colonia greca dell'Italia meridionale), costituisce uno degli esempi più antichi di scrittura greca a noi giunto e rappresenta soprattutto il primo frammento noto di poesia conservato nella sua stesura originale, contemporanea a quella del celebre poema epico attribuito ad Omero.
Le poche, piccole lacune sono tutte interpretabili con sicurezza ad eccezione della seconda parola del primo rigo, che presenta quattro o cinque lettere mancanti. Se si accoglie l'integrazione riportata nel testo, l'iscrizione si riferisce a quanto descritto nell'XI libro dell'Iliade, v. 632[*], in cui si narra della leggendaria coppa dell'eroe acheo Nestore, figlio del re di Pilo Neleo e di Cloride, tanto grande che occorrevano quattro persone per spostarla
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Iscrizione sulla coppa |
(GRC) « Νέστορος [εἰμὶ] εὔποτον ποτήριον ὃς δ' ἂν τοῦδε πίησι ποτηρίου αὐτίκα κῆνον ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης »
(IT) « Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona »
Il reperto è attualmente custodito presso il Museo Archeologico di Pithecusae, situato nel complesso di Villa Arbusto di Lacco Ameno, nell'isola d'Ischia, costruito nel 1785 da Don Carlo Acquaviva, duca di Atri e fortemente voluto da Buchner.
[*] Iliade, v. 632: « Apparecchiava intanto una bevandala ricciuta Ecamède. Era costeidel magnanimo Arsìnoo una figliuolache il buon vecchio da Tenedo condottaavea quel dì che la distrusse Achille,e a lui, perché vincea gli altri di senno,fra cento eletta la donâr gli Achivi.Trass'ella innanzi a lor prima un bel descosu piè sorretto d'un color che imbruna,sovra il desco un taglier pose di rame,e fresco miel sovresso, e la cipolladel largo bere irritatrice, e il fioredi sacra polve cereal. V'aggiunseun bellissimo nappo, che recatoaveasi il veglio dal paterno tetto,d'aurei chiovi trapunto, a doppio fondo,con quattro orecchie, e intorno a ciaschedunadue beventi colombe, auree pur esse.Altri a stento l'avrìa colmo rimosso;l'alzava il veglio agevolmente. In questola simile alle Dee presta donzellapramnio vino versava; indi tritandosu le spume caprin latte rappreso,e spargendovi sovra un leggier nembodi candida farina, una bevandauscir ne fece di cotal mistura,che apprestata e libata, ai due guerrierila sete estinse e rinfrancò le forze. »
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